Auguste Perret è una delle grandi figure dell'architettura del XX secolo. Il suo nome è indissolubilmente legato a quello dei suoi fratelli minori. Gustave e Claude, con i quali creò, nel 1905, una originale impresa di progettazione e produzione, mettendo insieme lo studio di architettura e l'impresa edile. Perret è stato uno dei pochi architetti francesi del XX secolo ansioso di elaborare una teoria architettonica. Il suo apporto intellettuale e artistico, comparabile a quello dei riconosciuti maestri dell'architettura moderna Wright, Mies van der Rohe, Le Corbusier, ha avuto un tale slancio che, prima della Seconda Guerra mondiale, la sua notorietà superava addirittura quella di Le Corbusier. Per tutta la loro considerevole carriera – dal 1890 al 1954 – i fratelli Perret perseguirono la ricerca di un nuovo classicismo fondato sull'uso di un nuovo materiale che fu il cemento armato. Essi furono i pionieri, e Auguste il primo teorico in Francia. La sua volontà di rinnovare il classicismo si espresse anche nel campo dell'urbanistica, con l'applicazione delle sue idee ai grandi cantieri di ricostruzione di Le Havre, che egli diresse dal 1945 al 1954. L'opera dei fratelli Perret è stata oggetto di pubblicazioni fin dagli anni ‘20, e dopo la loro scomparsa negli anni '50 ricevettero numerosi riconoscimenti ufficiali, ma la loro fortuna subirà un calo nei decenni seguenti. Nonostante sia universalmente riconosciuta, la loro opera è stata oggetto di un numero esiguo di esposizioni. La prima, postuma – organizzata nel 1976 dal Conservatoire National des Arts et Métieres, depositario dei loro archivi – assegna loro un ruolo di primo piano nella storia della architettura moderna. Nel 1985, l'IFA presenta, grazie ad una mostra accompagnata dalla pubblicazione di un supplemento del Bulletin, l'opera misconosciuta degli allievi di Auguste Perret e dimostra la persistenza di una corrente “perretiana” nell'architettura francese. Dopo alcuni anni una serie di pubblicazioni, in Francia e all'estero, prova il ritorno di interesse per questi architetti. La mostra si svolge in collaborazione con l'IFA, l'Istituto Francese di Architettura e la Città di Le Havre, ed è la prima grande manifestazione dedicata ai Perret fondata sulla valorizzazione sistematica dei fondi di archivio pubblici e privati. La mostra offre una visione globale dell'opera dei fratelli Perret, analizzando le molteplici ramificazioni nel secolo, ridefinendo la statura di Auguste Perret sia sulla scena dell'architettura francese sia sulla scena internazionale. Allestita da un'equipe di riconosciuti ricercatori, l'esposizione rende conto del loro pensiero creatore con l'aiuto di disegni originali mai presentati al pubblico, di fotografie d'epoca e di plastici. Si tenta di ricostruire, attraverso documenti inediti, la loro biografia, la loro formazione classica all'École des Beaux-Arts, il loro rapporto con le tendenze razionaliste della fine del XIX secolo, e di svelare il loro approccio tecnico rispetto al diverso impiego del cemento armato. Un importante spazio sarà dedicato alla loro formulazione di un “ordine del cemento armato”. Sono anche messe in luce, attraverso numerosi prestiti da parte di musei e istituzioni, le loro importanti relazioni intellettuali con Maurice Denis, Antoine Bourdelle, Josef Sìma e André Gide. Per l'occasione sono state realizzate circa quaranta nuove maquettes con il fine di chiarificare, soprattutto al grande pubblico, l'innovazione delle concezioni spaziali e costruttive dei Perret. Queste saranno esposte vicino alle maquette di vecchia data, in particolare quelle delle collezioni della Città di Le Havre che saranno integrate con le collezioni della Cité de l'Architecture e du Patrimoine. Infine, la mostra permetterà di riscoprire una dimensione molto più conosciuta di Auguste Perret, la sua attività di disegnatore di mobili e di interni, di cui testimonierà una scelta di mobili originali restaurati. La mostra presentata a Torino sarà accompagnata da due pubblicazioni: la ristampa anastatica del libro di Ernesto Rogers su Auguste Perret del 1955, e un volume sulle influenze perretiane nell'architettura italiana tra le due guerre con testi di Michela Rosso, Sergio Pace, Claudia Conforti, Giuliano Gresleri e Giulietta Fassino.