La bellezza ideale della Saffo eseguita da Antonio Canova per il collezionista Tancredi Falletti di Barolo, esposta a Torino nel 1820, costituisce una delle testimonianze più antiche e di maggior prestigio della collezione torinese.
L’arco cronologico della raccolta si estende dagli ultimi anni del Settecento, rappresentato dagli acquarelli e dalle tempere di Giuseppe Pietro Bagetti e Giovanni Battista De Gubernatis, per giungere sino ai primi anni del Novecento, con le opere celebri di Tranquillo Cremona, Enrico Junck, Giuseppe Pellizza da Volpedo e Angelo Morbelli, cui si affiancano le sculture di Davide Calandra, Edoardo Rubino e Leonardo Bistolfi.
Il primo acquisto per la “collezione moderna dei quadri” fu il Pietro Micca realizzato nel 1858 da Andrea Gastaldi, tra i migliori talenti della cultura romantica nazionale. Alcune importanti donazioni, avvenute nel corso del XIX secolo e oltre, hanno permesso l’ingresso di cospicui fondi legati al tema del paesaggio, uno dei punti forza della collezione torinese: dall’antico legato degli acquerelli di Giovanni Battista De Gubernatis (1835) alle donazioni delle tele e degli studi di Massimo d’Azeglio (1876), dal legato delle opere del reggiano Antonio Fontanesi (1905) e di Vittorio Avondo (1911) sino alla donazione dei dipinti di Enrico Reycend (1952).
Opere distintive della raccolta sono - per fare solo alcuni esempi - L’Edera e il Ritratto di Benedetto Junck di Tranquillo Cremona, Dopo il duello di Antonio Mancini, Gotine rosse di Giovanni Fattori; ad essi si affianca la serena visione di Giuseppe Pellizza da Volpedo Lo specchio della vita (e ciò che l’una fa, e l’altre fanno), incentrato sul procedere ritmico e in armonia con la Natura delle pecore che avanzano lungo il greto del torrente Curone. A fare da controcanto è la bellezza sensuale e perturbante di Sirena (Abisso verde) realizzata da Giulio Aristide Sartorio nel 1893, durante il suo primo soggiorno a Londra: opera che trova i suoi maggiori legami con la cultura preraffaellita inglese e che entusiasmò il colto ambiente letterario romano.
Ampie le testimonianze di opere in marmo, in bronzo, in gesso, in terracotta e in cera che sono comprese nella raccolta, a conferma del prestigio di cui la scultura ha goduto per tutto il secolo: tra le più opere più significative accanto ai marmi di Vincenzo Vela, Odoardo Fantachiotti, Davide Calandra, Giacomo Ginotti e Edoardo Rubino, si segnalano le cere di Medardo Rosso, Aetas aurea e Enfant au sein, giunte per donazione nel 1914.
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