IL RICAMO: CONOSCERE, PARTECIPARE.CORSO DI ANALISI DEL RICAMO ANTICO
Il corso, tenutosi a maggio, ha registrato la partecipazione di 30 iscritti (restauratori, studenti e laureati in storia dell’arte, nel settore della moda e del design, appassionate ricamatrici), ripartiti in due sessioni. I materiali del corso sono stati offerti dallo sponsor Coats Cucirinie dalle Telerie Graziano.
Thessy Schoenholzer Nichols ha insegnato in primis a guardareil manufatto ricamato nella sua complessità, distinguendo le caratteristiche del fondo da quelle del ricamo, considerando con attenzione i filati usati e cercando di intuire uso e destinazione dell’oggetto.
Si è poi passati all’analisi delle diverse famiglie dei punti di ricamo, dai punti unidimensionali (il punto filza, il punto erba) a quelli bidimensionali, avvolgenti (i punti diagonali), a quelli costituiti da incroci o da catene, sempre realizzandoli con l’ago sul proprio canovaccio, in modo da comprendere il movimento fatto dal filo e vederne sempre il rovescio. Molti punti, infatti, ad una prima osservazione possono apparire uguali, ma vedere come appare il retro del lavoro permette di distinguerli con chiarezza (il punto lanciato e il punto piatto, ad esempio).
Attraverso la proiezione di immagini, si è visto l’uso del ricamo nella storia occidentale, diverso a seconda dei luoghi, dei tempi, delle destinazioni d’uso. Anche le modalità di lavoro sono state illustrate: il passaggio dal disegno su carta al tessuto (in genere a spolvero), l’uso del telaio, la scomposizione del lavoro e il suo montaggio finale, nel caso delle botteghe professionali di ricamo.
L’ultimo giorno è stato dedicato all’esercitazione di analisi su ricami del museo, confrontandosi con la complessità del manufatto antico, con le difficoltà che aggiungono l’alterazione e l’usura dei filati, la coesistenza di tecniche diverse, la presenza spesso di integrazioni o rifacimenti successivi. Grande è stata l’emozione nell’osservare da vicino la precisione pittorica ottenuta con il punto spaccato per eseguire i visi dei santi nei ricami liturgici quattrocenteschi, o nell’avvertire la raffinatezza dell’or nué, dove l’oro, invece di essere esibito sfacciatamente, è velato da punti di seta più o meno fitti e traspare solo attraverso lumeggiature e colpi di luce.
Molto interessante è risultata anche l’analisi di manufatti all’apparenza semplici, quali federe o tovagliette del XVI-XVII secolo, dove si ritrovano spesso anche inserti in merletto, cordoncini, nappe e bottoni in filo intrecciati e applicati.
Maria Paola Ruffino, conservatore