Nato a Verona il 10 dic. 1905, vi frequentò l'Accademia Cignaroli, dipingendo nei modi ancora tradizionali, alla Segantini. Trasferitosi a Milano nel 1928, al giornale l'Ambrosiano, dove lavorava come correttore di bozze, ebbe modo di conoscere Carlo Carrà, allora critico d'arte di quel giornale, e di unirsi in amicizia con Manzù e Sassu, cui lo accomunava il medesimo impulso di ribellione al dominante ordine artistico-culturale e di conseguenza al "Novecento" e all'arcaismo metafisico. In sede politica l'atteggiamento anticonformista del B. si configurò subito in senso nettamente antifascista, tanto che nel 1937 e nel 1938 scontò alcuni mesi di prigione a Milano e a Verona.
Il B. stesso nel 1936 annotò lucidamente a proposito dei primi anni milanesi: "...mentre si studiavano l'Impressionismo e le sue estreme conseguenze per mettere riparo a quella specie di Sturm und Drang neoclassico che in alcuni aspetti era il Novecento e si tentava con gli interessi della mente di avvicinare la pittura ad alcuni altri interessi di quotidiano sentire: qualcuno travisando la complessa vastità del colore, operava sul quadro con lo stesso piglio garibaldino di chi agita una bandiera. Da ciò un caratterizzarsi fisiologico dell'opera a scapito di quel grande patrimonio impressionistico che noi dicevamo essere i soli ad avere ereditato... Mentre Sassu da parte sua rompeva, in una cateratta di rossi e di blu, ogni analogia con il naturale, lo tentavo di rendermi conto di un nuovo processo costruttivo con gli spazi colorati, fermando quasi su una posizione di simbolo le estreme e lancinanti proprietà di un colore. Abolita così ogni razionalità nella costruzione plastica, tentavamo, quasi ai margini della nostra responsabilità di pittori, di impostare in un procedimento e con mezzi diversi una nuova visione del mondo" (Taccuini [1936-1959], pubblicati, con una nota di E. Emanuelli, a Torino nel 1960, p. 21 s.).
Artisti ispiratori del B. furono in questi anni Van Gogh, Ensor, Cézanne e i protagonisti di quella che era allora considerata "arte degenerata" come Kokoschka, Nolde e Grosz. L'interesse per questi artisti si identificava con la ricerca di un orizzonte culturale-artistico non grettamente nazionalistico, ma "europeo", e con la ricerca di un'arte non arcaizzante e acritica, ma ben radicata nel presente e socialmente e moralmente "impegnata". Tale ricerca coincideva con quella che si andava attuando a Milano attorno al critico Edoardo Persico e alla galleria del Milione, proprio allora apertasi in via Brera. In questa galleria il B. espose, nel 1932, in una mostra collettiva con Manzù, Sassu, Grosso e Tomea, il suo S. Zeno pescatore (1931; Milano, Galleria Civica d'Arte Moderna), memore della religiosità primitivista di Tullio Garbari. Oltre al S. Zeno appartengono, tra gli altri, a questo periodo, il Tassì rosso (1932; Milano, coll. Tosi), il Sogno del Cavaliere (1932; Parma, coll. Botti),I giocatori di polo (1933; Milano, coll. Barbaroux), il Ritratto del padre (1932) e il Ritratto della madre (1933; Milano, coll. Birolli),Città degli studi (1933): tutti dipinti in cui sono evidenti il ricordo di Van Gogh e un interesse coloristico acutissimo.
Con il Gineceo del 1933 si inizia un periodo che va sino al 1937 e che rappresenta lo spingersi fino alle estreme conseguenze della rivolta "espressionista" contro il "Novecento". Nella Erodiade del 1934 è chiaro l'influsso, sia pure larvato, di Kokoschka e del tardo espressionismo tedesco. In Foglie e maschere (1934) ci si imbatte in una palese influenza di Ensor, evidente anche in opere come l'Eldorado (1935; Milano, coll. Boschi), il Caos (1936; Fano, coll. Bini), le Maschere vaganti (1937). Il 1936 è per il B. un anno importante: egli comincia a scrivere i Taccuini (che assieme alle numerosissime lettere, di lui scritte per anni agli amici, sono quanto mai utili alla comprensione dell'artista), e nell'autunno si reca a Parigi. Forse anche a questo viaggio è dovuto il ricordo di Cézanne, chiaro e inconfondibile, ma non soverchiante, nel Roccolo abbandonato (1937; Milano, coll. Jesi).
Sono del 1937 i quarantasei disegni per le Metamorfosi (il testo è di Sandro Bini): quattro serie di rapidi disegni a penna (figurazioni mitologiche si alternano a una serie di rappresentazioni di un mitico pollo spennato), in cui si può riconoscere, sia pure alla lontana, il ricordo di Goya.
Il 1º genn. 1938 Ernesto Treccani fonda un giornale dal titolo Vita giovanile, mutato pochi mesi dopo in Corrente di vita giovanile. Si forma così il gruppo di "Corrente", di cui il B. fa parte fin dal principio: artisti, critici e letterati di diverse tendenze e origini accomunati da una tendenza espressionista e neo-romantica contro il conformismo e l'ufficialità dominanti. La prima mostra della galleria che il gruppo di "Corrente" apre in via Spiga 9 a Milano, il 12 dic. 1940, è una personale del B., il quale vi espone le sue ultime opere, tutte del 1940: tra l'altro il Ritratto di Rosa Birolli, il Ritratto della madre (Genova, coll. Alberto Della Ragione),Sicilia (Milano, coll. privata).
Al premio Bergamo del 1941, al quale il gruppo di "Corrente" partecipa al completo, il B. espone un Gineceo e il Nudo col velo nero (1941, Roma, Gall. Naz. d'Arte Moderna, donaz. A. Della Ragione). Dopo una crisi di "Corrente", nella nuova e più vasta galleria della Spiga e Corrente, apertasi il 28 marzo 1942, il B. espone venti disegni (tra gli altri Valpolicellan. 2, 1941, Genova, coll. Della Ragione; Cilindro giallo, 1942, Roma, coll. Zerboni), nei quali profonde una coscienza sempre più acuta del colore attraverso un cézannismo che diventa fauve.
Tra il 1943 e il 1945 il dramma della guerra e della lotta partigiana, cui il B. partecipa attivamente, influenza profondamente la sua pittura. Durante il 1944 dipinse pochi quadri, ma preparò ottantasei Disegni della Resistenza, concepiti perché "non tramuti in generica leggenda quanto fu dramma vero" (saranno poi pubblicati a cura di G. Giani,Italia 1944..., Milano 1952; ora nel Museo Civico di Arte Moderna di Torino).
Forse in nessun altro artista contemporaneo lo squallore, la tragedia, l'orrore di quel momento di storia sono diventati con tanta immediatezza linguaggio e sono stati denunciati con un sentimento più violento di umanità offesa. Il modello culturale di cui il B. si servì era il Goya dei Disastri della guerra. A pochi anni di distanza da Guernica di Picasso, risalire a Goya poteva sembrare evasivo, ma serviva a conferire alla denuncia un'antica nobiltà di linguaggio e a sottolinearne il calore emotivo.
Finita la guerra, il B. costituisce nel 1946, a Venezia, la "Nuova secessione artistica italiana" chiamata poi "Fronte Nuovo delle arti", al quale partecipano artisti come Guttuso, Morlotti e Vedova. Per la presenza in esso di tendenze opposte e contrastanti (astrattismo e neorealismo) la sua durata è tuttavia effimera, e il gruppo si scioglie definitivamente nel 1950 (Sauvage, pp. 53-66; p. 234 per il manifesto).
Soggiorni a Parigi (1946-47) e in Bretagna (1947-49) fanno maturare il distacco definitivo del B. dalla tematica e dalla forma espressionistica. Gradualmente, da un espressionismo cubisteggiante, quale è quello di un Paesaggio a Burano (1946; Venezia, coll. Carrain) o delle Cupole di S. Marco (1946; Milano, coll. A. Bassetti), dai colori accesi e luminosissimi, o di una serie assai nota di disegni intitolati I poveri, egli passa a un cubismo quasi "analitico", pieno di sfaccettature e di tagli, nel gruppo dei dipinti di Trinité sur mer (1947-49) e infine a un picassismo che dal tipo attenuato delle Ragazze alla finestra (esposto alla Biennale veneziana del 1948) si trasforma nel tipo violentemente stravolto e astratto, simbolico, metafisico, della serie dei Minatori del 1949 (disegni e dipinti; Brescia, coll. Cavellini).
Con la Biennale di Venezia del 1950 il B. fa parte del gruppo degli "Otto" (con Afro Basaldella, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Turcato e Vedova), sotto l'egida di Lionello Venturi, che lo definisce "astratto-concreto". Comincia per il B. il periodo del suo maggiore successo, sancito tra l'altro da due personali a New York (1951 e 1958), con presentazione di Lionello Venturi. Ma si accentua contemporaneamente il suo tormento di uomo, il suo desiderio di "evadere" dall'atmosfera milanese, il suo bisogno di "fuga". Ripetuti sono i suoi soggiorni a Fossa Sejore (1950, '53, '54), a Porto Buso (1951), a Bocca di Magra (1952), alle Cinque Terre (1955, '57, '58). È del 1957 un lungo soggiorno ad Anversa.
I suoi dipinti tra il 1950 e la morte si possono raggruppare all'ingrosso in quattro serie che sono state così denominate: "serie delle presenze simultanee" (da Pesca atlantica del 1950 a Rovi e strade del 1953; Brescia, coll. Cavellini); "serie delle grandi diffrazioni" (da Verde e blu per la Liguria del 1954, Milano, coll. R. Lorenzin, alla Vendemmia nelle Cinque Terre del 1956, Brescia, coll. Cavellini); "serie dei meccanici furori e degli scontri angolari" (da Una macchina agricola del 1955, Brescia, coll. Cavellini, alla Macchina agricola del 1956, Milano, coll. Jesi, e all'Uomo vegetale del 1957, Milano, Galleria civica d'arte moderna). Tra il 1957 e il 1958, in quella che si può chiamare "serie delle illuminazioni interiori", molti titoli acquistano intenzioni musicali: Canto popolare fiammingo (in più versioni); Canto interno (in più versioni). Ma la tavolozza è ancora sempre "tonale e l'interiorità degli accordi è sorprendente, ma il colore-luce che essi esprimono è umano e "naturale". Nello stesso momento certi quadri come Chiaro di luna (1954-58; Milano, coll. Jesi) vengono rielaborati e perfezionati dal B. in modo da escludere totalmente i valori tattili per risolversi attraverso una pittura tutta di "macchia" (tocchi, zone a spatola, spruzzi, gocce) in una fantasmagoria di luce-colore, che tuttavia non vuol perdere il legame e il rapporto con la sua matrice oggettiva.
Nel 1958, in occasione di una personale alla galleria Montenapoleone di Milano (Sedici opere di R. B., ediz. della Conchiglia), il B. parlò di una sua "quinta stagione", nella quale intendeva uscire dai limiti del suo "naturalismo"; ma in realtà i toni della sua pittura non si allontanarono sostanzialmente da ciò che erano sempre stati: riverbero cromatico di un flusso di luce non extraterrestre e non artificiale, ma intensamente "naturale" e umana. Fenomeno bianco (Brescia, coll. Cavellini), uno dei pochi dipinti che egli ebbe il tempo di finire in questa nuova direzione, è come una epitome grandiosa e ribollente di tutti i colori-luce fino allora da lui adoperati; ma l'aggiunta di scuri intensi e di chiari abbacinanti rende l'effetto d'insieme simile a quello di certi tra i quadri più belli e accesi degli espressionisti del "Ponte".
La morte colse all'improvviso il B., prematuramente, in Milano il 3 maggio 1959, quando sognava un ritorno alla sua Verona. Egli stesso ha lasciato scritto: "Voglio che di me si ricordi soltanto la pittura che faccio e farò".
Cit.Treccani
a cura di Riccardo Passoni Dal 26 settembre 2020 La GAM ha rinnovato l’allestimento delle sue collezioni permanenti del Novecento...
La GAM di Torino dedica ad Alberto Moravia una mostra a cura di Luca Beatrice ed Elena Loewenthal nel contesto del progetto “Nato per narrare. Riscoprire Alberto Moravia” che la Fondazione Circolo dei lettori ha ideato e realizzato con la GAMe il Museo Nazionale del Cinema in collaborazione con l’Associazione Fondo Alberto Moravia, Bompiani editore e le Gallerie d’Italia.