Giocato sapientemente sui toni grigio-bruni per rendere l'effetto della pioggia e su tagli prospettici orizzontali, interrotti dalla verticalità dei due pastori dagli ombrelli di tinte vivaci, il dipinto coglie come in un'istantanea il ritorno delle pecore all'ovile. Dice A. Griseri nel 1967: "Prima delle pecore di Pellizza e di Segantini, questi sono gli animali più amati che emergano dalla pittura dell'Ottocento, tanto più commossi rispetto a quelli di Palizzi". Formatosi come animalista, Pittara fu noto e stimato dai contemporanei proprio per questo aspetto della sua produzione. Ma l'insistenza sull'umile mondo della pastorizia fu inviso da alcuni commentatori. Accettato dall'ufficialità per il rispetto del linguaggio pittorico tradizionale, Pittara sarà giudicato dallo Stella (Torino, 1893, p. 276) alieno "da certe arditezze" e "brutalità" alla Courbet. Elisabetta Canestrini