L'opera si colloca nella produzione dell'artista dei primi anni Venti, connotata dall'elaborazione di motivi iconografici ed elementi stilistici propri della pittura metafisica, nei suoi sviluppi dal 1918 al 1922 attraverso la rivista romana "Valori Plastici": la consistenza innaturale della natura morta nella fruttiera, l'enigmatica scultura sul fondo, il purismo geometrizzante e gli accenti arcaici della Venere indecifrabile, lo spazio soffocato entro mura compatte senza finestre e spiragli. In parallelo, l'assunto sironiano dell'arte come forza costruttiva è leggibile nella possente volumetria della figura, concepita come un'architettura, e nella scelta di colori che evocano la pietra e la terra. Laura D'agostino