"Mi interessa dipingere. Le mie macchie sono pittura, ma non come sensibilità: sono un peso, un fatto fisico, il peso di un gesto che reclama la massima concentrazione. Per me resta un problema di pittura: nella sua essenza. Vorrei che chi le guarda le accettasse dinamicamente, come energia, come un'azione. La pittura, il dipingere è una forma di discontinuità, concentra l'attenzione su un momento che stacca il gesto, l'azione rispetto allo spazio indifferenziato. La concentrazione, la discontinuità annulla lo spazio e inventa un suo spazio diverso, discontinuo, a sua volta". Le macchie di Gastini appaiono per la prima volta nel suo lavoro negli anni 1969 - 1970 e danno alla ricerca dell'artista nuove fonti e capacità di sviluppo. "Il mio lavoro costringe l'altro spazio a liberarsi". Quello spazio che è oltre il punto di vista dello spettatore e che la distribuzione delle macchie, del tutto casuale, costringe a rivelarsi.
Gregorio Mazzonis