Ger van Elk (Amsterdam, 1941 – 2014), artista concettuale olandese, prese parte alle importanti esposizioni “Arte Povera +Azioni Povere” ad Amalfi (1968), "Op Losse Schroeven" presso lo Stedelijk Museum ad Amsterdam (1969) e a "When Attitudes Become Form" alla Kunsthalle di Berna (1969) che segnarono la generazione artistica a cavallo tra anni Sessanta e Settanta. Trascorse molti anni a New York e a Los Angeles, stringendovi un sodalizio con l’artista Bas Jan Ader, anch’egli olandese. Van Elk esponeva in quegli anni nell’influente Galleria Art & Project di Amsterdam, fondata nel 1968, insieme ad artisti come Jan Dibbets, Sol LeWitt, Lawrence Weiner e Gilbert & George.
Ger van Elk indagava azioni ripetitive e apparentemente banali. Ha condotto le proprie ricerche attraverso la sovrapposizione di diversi media, mescolando di volta in volta la fotografia con la pittura, la scultura e il film, al fine di rendere il più possibile evidente la finzione e l’artificialità di ogni espressione artistica, convinto che più un’immagine si mostra realistica, più grande è la bugia ch’essa nasconde.
La VideotecaGAM, nell’ambito del proprio ciclo di esposizioni dedicato al video d’artista tra anni Sessanta e Settanta, è felice di presentare The Well Shaven Cactus, realizzato da Ger van Elk nel 1970 (bianco e nero, suono, 1’ 25”) con la collaborazione di Gerry Schum, all’interno della raccolta Identifications con la quale Schum realizzò una prima collezione video dei più importanti artisti internazionali dell’area concettuale. L’opera di Van Elk è la trasposizione filmica di un dittico fotografico composto dall’artista l’anno precedente, accostando a un’immagine di un cactus ricoperto di schiuma da barba, uno scatto successivo in cui la pianta appare ormai rasata. La versione video mostra invece la mano dell’artista che aziona un rasoio elettrico e rade una piccola pianta di cactus sul poggiolo di casa. Ger van Elk sarebbe tornato a girare un video della medesima azione, usando nuovamente schiuma e rasoio, nel 1996.
L’insistere dell’artista in tre diverse occasioni sulla medesima immagine può far comprendere quanto The Well Shaven Cactus sia un’opera paradigmatica nel suo percorso, capace di tenere insieme i due più rilevanti aspetti del suo lavoro: una spiccata ironia - usata dall’artista come la più tagliente delle armi contro la seriosa aspirazione a una purezza superiore che la poetica modernista aveva fissato come meta universale dell’arte - e la lucida consapevolezza che il confine illusorio tra natura e arte fosse un discrimine creato dalla tradizione storico-artistica, una distinzione irreale poiché tutto nella nostra idea occidentale di natura non è che artificiale e costruito, come artificiali e costruiti sono un paesaggio e una composizione di fiori.
Rasare un cactus ha l’efficacia comica di uno sketch televisivo, ma evoca la lunga storia di una cultura che aggredisce il dato ambientale: è la versione satirica e miniaturizzata della compulsione disegnativa insita nell’arte topiaria (sagomatura di alberi e siepi), ed è immagine letterale quanto simbolica dell’amputazione degli organi necessari alla sopravvivenza della pianta, che viene così ‘scolpita’ in senso modernista, facendone attraverso il rasoio una pulita e chiusa geometria, incapace di respirare e destinata ad appassire.