Nei primi anni Trenta Severini frequenta il gruppo detto degli "italiani di Parigi" (Campigli, De Pisis, Savinio, De Chirico, Tozzi, Paresce ed altri), che sostiene un modo di fare pittura ispirato all'antico, con espliciti riferimenti al "ritorno al mestiere". D'impronta classica, in particolare romana, sono dunque i ritratti che l'artista espone alla II Quadriennale romana del 1935. Solennità e fisicità atemporale contrassegnano i personaggi, costruiti rigorosamente con una materia pastosa e brillante, stesa a piccoli, accurati tocchi. Il particolare del volume stretto tra le mani è un riferimento alla riconosciuta professionalità di Gina nel campo dei libri rilegati.