Per Licini la geometria assume un valore poetico assai diverso da quello praticato dagli astrattisti milanesi suoi compagni di strada. Nel suo mondo non v'è posto per la comunicatività di Reggiani e Soldati, per il razionalismo modulare di Melotti, per la didattica di Veronesi; per lui la pittura -al contrario dell'architettura dalla quale non v'è dipendeza - è pur sempre "un'arte irrazionale con predominio di fantasia e immaginazione" (cfr. Lettera aperta al Milione, in "Bollettino", Galleria il Milione, 39, 1935, p.n.n.). Pittura antiarchitettonica, antifunzionale, antimodulare dunque, che costruisce e smonta un universo di geometrie elementari, qui evidente anche nella particolare realizzazione autografa della cornice: una sintassi da parolibero figurativo. Paolo San Martino