Eseguita nella fase del periodo "naturalistico" degli ann Cinquanta, l'opera è caratterizzata da una superficie percorsa da larghe e spesse stesure liberamente giocate su uno sfondo chiaro, denso e abbagliante di luce. L'artista interviene con impeto risolutore nel tracciare, tra andamenti sinuosi di ritmici grigi, intensi e vividi steli d'erba, sterpi e rovi sul terreno: dove più la materia è aspra e livida, come arsa da un'implacable sole d'estate. Scoperti, più vulnerabili e nudi sono gli effetti radi dei neri, degli ocra e dei verdi. Il dipinto è solidamento strutturato in tutto lo sviluppo verticale attraverso un processo di sensitivo percorso, dove sassi, rocce, sterpaglie e licheni esprimono, con vitalistica espressività, gamme cromatiche "umanisticamente accordate" (M. Tapié, 1956). Tutto qui è teso verso quella conquista di libertà stilistica intesa come continua e metaforica riscoperta di un nuovo "macrocosmo" panteistico. Giorgio Auneddu