In risposta ai monocromi blu di Yves Klein, conosciuti nel '57 alla galleria Apollinaire di Milano, nello stesso anno Manzoni avvia la serie degli Achromes, tele coperte da un impasto rigorosamente bianco di caolino. Da questo amalgama di materia privo di qualità formali emergono segni graffiti o - come in questo caso - fasci di pieghe imbevuti della medesima sostanza. Pur partendo da una ricerca materica che ha le sue radici nell'informale, Manzoni ne liquida la tensione autobiografica ed espressiva, creando dipinti impersonali e auto-significanti, volutamente tautologici nell'identità costante di materia e colore.